Storie di donne

Patto per le donne

Il patto per le donne è un’iniziativa nata dall’esigenza di garantire opportunità di lavoro e nuove imprese al femminile.

Abbiamo intervistato Isa Maggi, Presidente della rete nazionale dei Business Innovation Center, per comprendere a fondo le caratteristiche di un progetto che ha l’ambizione di entrare nei patti di governo.

Come è nata l’idea del patto per le donne?

I nostri progetti nascono sempre per garantire la parità di genere. Il più recente è un format tradizionalmente usato dagli Stati generali per dar voce alle esigenze rappresentate dagli iscritti. Il nostro obiettivo è proporre soluzioni, stilarle in un documento e consegnarle alle amministrazioni locali, regionali e nazionali.

La nostra volontà è stabilire reti per progettare azioni sui territori. Nel 2015 abbiamo girato l’Italia per raccogliere le voci delle donne, le idee, le esigenze. Proprio nel 2015, durante una conferenza mondiale, abbiamo interloquito con  novecentottantuno individui provenienti da trentacinque paesi e, grazie al confronto, è stata redatta la Carta delle donne del Mondo, legacy della carta di Milano di #Expo 2015, già in diffusione sui territori.

protagonista donna

Oggi, dopo due anni, nasce l’esigenza di un patto per le donne, cioè la concretizzazione delle proposte avanzate. Chiediamo il supporto, il parere e la concretezza di tutte le donne, a tutti i livelli.

Il patto per le donne deve trasformarsi in realtà sul territorio, deve essere inserito nei patti che il governo ha siglato con molte regioni e città, deve diventare un’opportunità per creare lavoro e nuove imprese per le donne, proseguendo il percorso avviato verso #Matera 2019.

Chi ha aderito al vostro progetto e come è organizzato?

Migliaia di donne di tutte le regioni italiane con professioni varie, mamme, figlie, nonne, imprenditrici, disoccupate, studentesse, precarie, operaie hanno accolto l’invito di riunirsi in un movimento spontaneo, trasversale, non legato ai partiti per dar voce, insieme, alle istanze delle donne. Con l’ hashtag insiemesipuò è nato il movimento per realizzare il patto per le donne in tutta la penisola.

Oggi non è anacronistico parlare ancora di temi come la parità di genere?

No, è un problema ancora da risolvere.  Per garantire pari opportunità per donne e uomini ci vorranno tempo, enormi sforzi educativi e profondi cambiamenti di pensiero. Occorre che le donne non si dividano più nelle loro azioni e nelle iniziative, ma lavorino nella stessa direzione, con obiettivi univoci e chiari.

Il primo traguardo da raggiungere per parlare di parità di genere è il lavoro. Il patto per le donne, infatti, è incentrato su questo tema. Ridare il lavoro alle donne significa restituire loro dignità. Non si tratta, però, solo di un aspetto umano, ma è coinvolto l’intero equilibrio del sistema economico.

voto alle donne

Questi cambiamenti potrebbero essere accelerati e supportati da un maggior coinvolgimento dei media. Purtroppo le donne sono oggetto di interesse, per giornali e televisioni, solo quando sono vittime di crimini orribili. Per molta politica, poi, il “genere” è ancora considerato, per lo più, come una questione esclusivamente femminile e le politiche di genere non sono attuate in modo efficace. I bilanci stanziati per garantire la parità di genere, infatti, rientrano nelle decisioni settoriali e riguardano cifre irrisorie.

patto per le donne

Per compiere progressi decisivi serve una forte volontà politica. I ministeri coinvolti devono essere quelli chiave, come lo Sviluppo economico, il Tesoro e la Pianificazione strategica a capo della Presidenza del Consiglio.

La debole implementazione delle politiche di genere, infine, incontra anche altri ostacoli, oltre ai finanziamenti. I fattori di rischio che impediscono un patto per le donne solide sono: una forte e radicata resistenza istituzionale alle iniziative di genere, una sotto rappresentanza delle donne nella sfera pubblica e la profonda diversificazione territoriale.

femminicidio

Gran parte del dibattito sul genere sembra avvenire in una bolla, con esperti che ne discutono senza aver contatto con le realtà quotidiane.

Molto spesso “gli affari delle donne” sono associati e relegati a politiche di inclusione e del terzo settore, del no profit, e, purtroppo, un gran numero di iniziative sono anche strumentalizzate a scopi politici.

Cosa deve cambiare per sanare il gender gap?

La parità di genere è anche un obiettivo a livello economico. Il messaggio, sebbene non nuovo, non è stato ancora portato all’attenzione di tutti i responsabili politici. Come può un paese privarsi volontariamente del potenziale umano di metà della sua popolazione?

Per ridurre, però, la disuguaglianza di genere e garantire uno sviluppo sostenibile abbiamo bisogno di allearci con qualcuno degli “uomini illuminati” che abbiamo trovato al Governo ed è necessario sollecitare le donne che al Governo ci sono già.

Comprendiamo l’importanza di investire di più nella formazione dei ragazzi e delle ragazze. Una ragazza istruita è meglio “equipaggiata” per difendere i suoi interessi e scegliere la vita che vuole. L’istruzione può anche aumentare la consapevolezza  delle questioni di genere per i ragazzi e renderli meno inclini a vedere l’equità di genere come una perdita di privilegi per se stessi.

L’istruzione da sola non basta. Per cambiare i pregiudizi occorre mettere in campo più sforzi per meglio sensibilizzare gli opinion leader e cambiare la governance delle pari opportunità.

Occorre, in pratica, attivare un processo di pianificazione strategica attraverso la stipula di un patto per le donne, al fine di dare un rapido avvio e garantire l’attuazione degli interventi urgenti, nonché di facilitare la nuova programmazione nazionale e comunitaria, in vista del raggiungimento degli obiettivi dell’Europa per il 2020 e del millennio per il 2030.

Grazie di averci parlato dei vostri progetti Isa, ora raccontaci di te.

Sono madre di quattro figli, ho studiato economia e svolgo, dal 1985, la professione di commercialista. Nel 1997 ho fondato lo Sportello Donna, per sensibilizzare sui temi della parità del lavoro femminile, delle imprese rosa e dello sviluppo locale. Numerosi i corsi di formazione avviati nell’ambito della creazione di nuove imprese e i progetti comunitari realizzati.

Nel 2005 lo sportello è stato riconosciuto primo incubatore di genere in Europa. A novembre 2011 sono stata nominata Presidente della rete nazionale dei Business Innovation Center che fa parte della rete europea Ebn, casa europea delle nuove imprese, delle start up e dell’innovazione.

consigli ragazze

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